Siamo i genitori di Francesco Scerbo, a cui è stata tolta la vita a soli 14 anni a causa di un reato di bullismo, avvenuto il 22 novembre 1995 nella stazione ferroviaria di Villa Claudia, nel Comune di Anzio.
Per capire come e perché nostro figlio è morto, e quali siano stati i responsabili, nel novembre 1998 si è concluso presso la Corte d’Appello del Tribunale dei Minori di Roma il procedimento penale, che ha condannato il minorenne coinvolto nel fatto a 2 anni e 8 mesi per reato di violenza privata (mai scontati, neanche un giorno).
Nell’Aprile 2007 è terminato il processo civile, che ha riconosciuto la responsabilità del minore e dei suoi genitori, oltre alla corresponsabilità del personale viaggiante del treno, per la mancata vigilanza al momento della ripartenza del convoglio dalla stazione di Villa Claudia.
Sono passati così 12 anni di lotte giudiziarie per fare chiarezza sullo svolgimento delle indagini che hhttps://www.ilrifugiodifrancesco.it/francesco_scerbo.phpanno lasciato parecchi punti oscuri sulla loro conduzione per la ricerca della verità processuale.
La nostra salute oggi non ci permette di continuare a lottare in prima linea: ogni ingiustizia rimasta sulla morte di Francesco, nostro unico figlio, l’affidiamo alla giustizia di DIO, il solo giudice sulla vita di ognuno di noi.
L’amore e la gioia che Francesco ci mette nell’animo ci danno la forza di impegnarci per dare testimonianza del sacrificio della sua giovane vita.
E’ nostro intendimento, fino a quando ci sarà possibile, di portare avanti le diverse iniziative che trovate su questo sito, con la speranza che quello che stiamo seminando a qualcuno sarà dato raccogliere.
Abbiamo sentito infatti, fin dal primo momento, la necessità di non chiuderci in un dolore privato ma raccontare la vita e la morte di Francesco perchè la condivisione di questi episodi potesse creare una catena di incontro tra le famiglie e una rete di lavoro tra le istituzioni.
Per ottenere giustizia abbiamo fatto quanto possibile presso l’autorità giudiziaria. Resta ora la cosa più importante: fare presso le autorità istituzionali e presso la società civile perchè si lavori per ottenere il senso del giusto, perchè si prenda atto che certe situazioni e problematiche nascono da una serie concomitante di fattori e necessitano della collaborazione di tutti per essere affrontate.
Il bullismo non è una malattia da guarire a colpi di atti giudiziari (tra l’altro relativi nella loro applicazione come dimostra il caso di Francesco): il bullismo è prima di tutto la solitudine dei nostri ragazzi, la loro inconsapevole ma costante richiesta di aiuto, la richiesta di non essere lasciati soli in un mondo sempre più complesso e veloce.
Nessuno nasce bullo: qualcuno lo diventa e non viene certo estratto a caso dalla sorte. I fattori che condizionano questo passaggio possono essere compresi e prevenuti e anche quando ciò fosse risultato impossibile, possono essere contrastati dopo il loro insorgere. Per farlo però, è assolutamente indispensabile un gioco di squadra e tanta pazienza. Gioco di squadra perchè non è pensabile che le diverse componenti quali famiglia, scuola, istituzioni, associazioni e quanto altro incide nella vita dei ragazzi, non siano tra loro coordinate. Pazienza perchè quanto si fa risulta spesso una goccia nell’oceano e per di più ha tempi e modalità di maturazione che a noi non sempre è dato cogliere.